Medici ospedalieri in fuga dal settore pubblico?

I medici ospedalieri sono veramente soddisfatti del loro lavoro? I dati dicono di no. Assolutamente no. Vediamo perché.

Nel 2019, ben 3123 medici impiegati nel pubblico hanno lasciato il proprio posto di lavoro, preferendo collaborare con strutture private. A confermare la tendenza che vede i medici ospedalieri fuggire dal settore pubblico, c’è anche uno studio condotto dalla Cimo-Fesmed secondo il quale circa il 72% dei medici che lavora in ospedale vorrebbe lasciare il settore pubblico e 1 su 3 afferma che la qualità della vita non è soddisfacente. Secondo altre statistiche, i medici ospedalieri sono stati oggetto di ben 34.000 denunce per malasanità, con conseguente responsabilità del medico (clicca qui per leggere un approfondimento sulla colpa grave del medico).

Perché i medici ospedalieri vogliono lavorare nel settore privato

Sebbene la professione del medico sia molto ambita, sia per il prestigio sociale che per la retribuzione economica e le prospettive di carriera, non sembra essere così rosea la situazione per i medici ospedalieri.

Le motivazioni che spingono i medici ospedalieri ad abbandonare l’impiego pubblico sono diverse e, dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19, la situazione sembra essere peggiorata e anche i medici ospedalieri che ricoprono i ruoli di dirigente sono sempre più stanchi, insoddisfatti e stressati. Questa tendenza, che purtroppo sembra essere sempre più in crescita, rischia di veder svuotare le corsie degli ospedali pubblici dai camici bianchi.

Un’emergenza che, secondo il Presidente della Federazione CIMO-FESMED Guido Quici, per essere risolta, deve prevedere un processo di riforma dell’organizzazione ospedaliera, dell’assistenza territoriale e dei contratti e delle retribuzioni della categoria.

Sicuramente, tra i motivi per cui i medici ospedalieri vogliono abbandonare il settore pubblico c’è l’eccessivo carico di lavoro. Non solo il 73% dei medici lavora più ore delle 38 previste a settimana come da contratto, ma per il 20% il lavoro sfora di ulteriori 10 ore andando anche contro la normativa europea sull’orario di lavoro. Questo si verifica sia per il grande carico di lavoro a cui è sottoposto il sistema sanitario pubblico, ma anche per la mancanza di personale: entrambe le situazioni, poi, portano i medici ospedalieri a non riuscire a godere dei giorni di ferie.

I medici ospedalieri, poi, lamentano anche il troppo tempo passato a organizzare atti amministrativi e a svolgere procedure burocratiche. Una perdita di tempo che, secondo alcuni professionisti, impedisce anche di poter dedicare tempo alla formazione professionale, un’esigenza sentita come necessaria e di primaria importanza.

Il lavoro dei medici ospedalieri, quindi, che prima era molto ambito, anche per la possibilità di firmare un contratto a tempo indeterminato, oggi è invece poco attrattivo e anche le aspettative legate alla retribuzione e alle prospettive di carriera sono molto più basse.

Come il COVID-19 ha influito sul lavoro dei medici ospedalieri

Non si può negare che la pandemia da Covid-19, durata quasi tre anni, abbia avuto un forte impatto sul sistema sanitario, sia a livello istituzionale, sia per quanto riguarda l’aspetto psicologico del personale sanitario. Infatti, il 69% dei medici afferma che la pandemia ha comportato un forte stress psicofisico, dovuto al carico di lavoro, ma anche al rischio professionale che, per il 64% dei medici, è stato molto elevato. Si registra poi molta sfiducia da parte delle Istituzioni che, solo per il 5% dei professionisti, sono state realmente in grado di dare il supporto necessario.

Medici ospedalieri: le regioni dove si registra una maggiore fuga dal settore pubblico

Secondo i dati del Conto Annuale del Tesoro del 2019, il 2,9% dei medici ospedalieri ha dato le dimissioni spinti dalla volontà di trovare un impiego meglio retribuito, ma soprattutto con condizioni di vita migliori. Questa percentuale, sicuramente non troppo elevata, diventa però molto più significativa in alcune zone d’italia, come le regioni del Nord.

Infatti, in Veneto, Valle D ‘Aosta e Piemonte si sono registrati i tassi più alti di abbandono del settore pubblico, dovuti anche alla maggiore disponibilità di trovare lavoro nel privato, e così anche in Campania e Calabria.

Al di là delle percentuali registrate dei singoli anni relativi alle dimissioni dei medici ospedalieri, il dato che fa più pensare è quello degli ultimi 10 anni:  i medici che lasciano il settore pubblico sono aumentati del 81%.